La riabilitazione respiratoria, un percorso terapeutico non farmacologico

 

Secondo il WHO World Health Report 2001 le patologie respiratorie rappresentano in Europa la 5° causa di disabilità. In Italia, le malattie dell’apparato respiratorio rappresentano la terza causa di morte e, di queste, la Bpco (inclusa l’asma) rappresenta il 55% (dati Gold 2005). Tra le varie opzioni terapeutiche di cui disponiamo per queste patologie, la riabilitazione respiratoria ricopre un ruolo importante.

La riabilitazione respiratoria è un programma globale e multidisciplinare di cure basato sull’evidenza, rivolto a pazienti affetti da malattie respiratorie croniche che sono sintomatici e spesso limitati nelle attività della vita quotidiana, in tutti gli stadi di gravità. Integrata nel trattamento individuale della persona, la riabilitazione respiratoria ha lo scopo di ridurre i sintomi, ottimizzare lo stato funzionale, aumentare la partecipazione e ridurre il consumo di risorse sanitarie, attraverso la stabilizzazione o il miglioramento della condizione patologica cronica o post-acuta. I programmi di RR hanno in effetti documentata efficacia anche in situazioni di riacutizzazione e recidive delle patologie croniche, situazioni in cui si può riuscire a contenere lo sviluppo di disabilità secondarie.

Come già sottolineato le strategie attualmente impiegate nei programmi di riabilitazione respiratoria sono da considerare a tutti gli effetti parte integrante ed essenziale nella terapia.

Alla luce di quanto detto sopra, si comprende pertanto come l’intervento riabilitativo si è andato via via trasformando da un intervento prevalentemente fisiochinesiterapico a un approccio riabilitativo globale all’interno di percorsi assistenziali appropriati. Per ottenere un progetto realizzabile, i pazienti debbono essere convogliati all’interno di programmi individualizzati sulla base delle esigenze e delle situazioni in cui versano. Un presupposto all’applicazione più appropriata di questi programmi è la valutazione clinica e funzionale specifica d’organo. A tale scopo si utilizzano misure di funzione, disabilità e partecipazione/relazione validate e riconosciute dalla comunità scientifica internazionale. Un utile contributo per la valutazione e la complessità dell’individuo e per l’inquadramento anche extra-polmonare del malato, è rappresentato dall’utilizzo di strumenti validati per la classificazione quantitativa e qualitativa delle comorbilità croniche, quali la Cumulative Illness Rating Scale (Cirs).

L’applicazione dei programmi ha come effetto auspicabile la realizzazione, dunque, di obiettivi realistici che possono essere distinti in miglioramenti a “breve termine” (quelli fondamentali della disabilità respiratoria come la dispnea o il controllo degli scambi respiratori, e della disabilità generale come la tolleranza all’esercizio, lo stato nutrizionale, lo stato psicologico, la qualità di vita), e miglioramenti a “lungo termine” (il mantenimento nel tempo dei precedenti e, in aggiunta, la promozione di un minore consumo di risorse sanitarie tramite la riduzione delle ospedalizzazioni ripetute, o l’impatto migliorativo sulla mortalità, ottenuto con la applicazione di presidi per la cura della insufficienza respiratoria e la eliminazione di fattori di rischio aggravanti quali il fumo).

Criteri inclusione ed esclusione

Il concetto chiave che orienta l’inclusione nei programmi di riabilitazione respiratoria è la verifica della sussistenza di una condizione di disabilità trattabile, che può essere indipendente dalla gravità della funzione respiratoria misurata nei pazienti candidati. Pertanto una accurata selezione del paziente basata su questo presupposto consente di definire le indicazioni e le valutazioni di outcome, oltre che a porre eventuali controindicazioni.

Un altro concetto importante che può condizionare la indicazione all’intervento riabilitativo specialistico, cui la riabilitazione respiratoria appartiene, è la relazione di causa e lo stato di necessità clinica che può infatti prescindere dalla pura diagnosi e soprattutto dalla gravità della funzione respiratoria.

Da questo punto di vista l’indicazione può avvenire quando fa riferimento all'”evento indice“. L’evento indice in riabilitazione respiratoria fa riferimento alla analisi combinata del rischio clinico, della complessità clinico-assistenziale, del grado di disabilità, e della situazione socio-economica e residenziale del paziente.

L’evento indice è chiaramente identificabile in tutti i pazienti che hanno avuto un ricovero recente legato a un evento respiratorio acuto. Dal momento poi che la Rr è universalmente riconosciuta come la soluzione terapeutica privilegiata per la gestione di questi pazienti, ne deriva anche che ogni paziente cronico respiratorio con un evento avverso recente rappresenta un’appropriata indicazione alla riabilitazione respiratoria.

Nella disabilità progressiva che si associa alle patologie respiratorie croniche o alle sequele di eventi pregressi (come nel caso d’interventi chirurgici su strutture del torace e/o del polmone) l’evento indice può essere di difficile datazione, ma in queste situazioni esiste comunque una “condizione di necessità” che coincide con un rischio elevato di aumento (e di difficile recupero) della disabilità individuale legata alla presenza d’indicatori prognostici negativi e/o alla concentrazione dei singoli fattori di rischio per patologia cardiopolmonare (ad esempio le stesse comorbilità croniche), i quali creano le condizioni più favorevoli per la progressione in senso generale della malattia stessa.

L’unica controindicazione assoluta alla riabilitazione respiratoria Rr è rappresentata dalla mancata volontà da parte del paziente di parteciparvi o da una non buona compliance (= adattabilità) a essa. Le malattie coesistenti (comorbilità), il tabagismo, le barriere geografiche o linguistiche, la compromissione cognitiva e psicomotoria, i problemi socioeconomici, tutti fattori che certamente possono influenzare la efficacia dell’intervento, non rappresentano di per sé criteri di esclusione a priori dal programma.

Le risposte alle domande sono generali e indicative. Per avere un parere dettagliato consigliamo sempre di sentire il proprio medico di famiglia che conosce il quadro clinico generale del paziente.

Chiediamo a chi scrive di specificare nell’oggetto della email lo specialista a cui desidera rivolgersi ma, soprattutto, di avere un po’ di pazienza. La risposta non sarà immediata perché le domande che arrivano ai nostri esperti sono tantissime e non è possibile rispondere a tutte in tempo reale. La redazione si occuperà di dare la priorità alle domande la cui risposta possa essere di interesse generale per tutti gli utenti

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Fonte: huffpost