Le fratture da stress nello sportivo

Le fratture da stress sono chiamate anche fratture “da durata” o “da fatica”.

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Esistono due gruppi fondamentali relativi a questo tipo di fratture:
– le fratture da eccessiva forza ripetuta in un osso normale
– le fratture da forza minima in un osso indebolito (come accade in età avanzata per la presenza di osso osteoporotico)

E’ nel primo caso che rientrano le fratture sportive da trauma ripetuto.

Esse si instaurano lentamente e progressivamente per effetto di ripetuti microtraumi. Sono molto frequenti nello sport agonistico proprio per i continui e prolungati sforzi da trazione muscolare,da pressioni o da oscillazioni ripetute nel tempo a causa di allenamenti e gare. Sono più frequenti nei corridori e negli atleti che praticano marcia, ma non sono affatto rare negli altri sport come il basket ed il calcio ed in tutti gli altri sport da carico diretto.
Colpiscono più facilmente i soggetti  con anomalie strutturali, oppure quelli che spesso sono costretti a correre su superfici dure o non perfettamente piane.

Basti pensare alle attività fisiche praticate su piste al coperto dove le curve, anziché essere in piano, sono a parabola, in quanto il raggio delle stesse curve è minore rispetto a quello delle piste outdoor (quindi un po’ sopraelevate).

L’atleta, correndo su una traiettoria circolare, è sottoposto alla forza centrifuga; in tal modo, quindi, subisce un aumento del proprio peso apparente senza utilizzare pesi, tirare funi o correre in salita. L’effetto della forza centrifuga si va a sommare a quello della forza di gravità terrestre e lo sforzo è maggiore. Ne consegue inoltre uno sforzo muscolare sempre sbilanciato nella parte corporea posta verso il centro della circonferenza della pista.

Le fratture da stress interessano principalmente l’arto inferiore e in particolare il piede(ossa metatarsali),il calcagno, la tibia(III superiore) ed il perone( qualche cm sopra il malleolo),il femore e l’osso pubico del bacino. Meno frequentemente riguardano la IV,V e VII vertebra cervicale.
Può capitare addirittura che le fratture siano bilaterali, ma nella maggior parte delle volte il trauma colpisce un solo lato.

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MECCANISMO DI FORMAZIONE DELLE FRATTURE DA STRESS

Il corpo umano è una macchina prossima alla perfezione, ed è per questo che quando si pratica sport a livello agonistico e tra gare ed allenamento si compiono gesti atletici ripetuti il corpo prova ad adattarsi a questo tipo di sforzi ed attua un rimodellamento osseo volto a migliorare la prestazione e diminuire i problemi relativi. Questo rimodellamento viene effettuato tramite il lavoro di Osteoblasti ed osteoclasti, cellule adibite alla creazione di nuovo tessuto osseo (le prime) e alla distruzione del tessuto osseo meno nuovo (le seconde). Durante questa rimodellazione il tessuto osseo diventa più debole ed è in questo momento che i traumi possono portare all’insorgere di una frattura da stress.

L’indagine clinica consiste nel valutare le modalità di insorgenza(talvolta improvvisa o talora graduale),il dolore se spontaneo o alla digitopressione, se scompare in scarico(ovvero quando non si poggia l’arto interessato).
In alcuni casi si apprezza un tumefazione locale della zona soggetta a frattura.
Spesso il paziente crede che il dolore sia causato da una distrazione muscolare e si reca dal medico solo quando esso perdura per diverso tempo.
Le indagini radiografiche non sono di grande utilità nelle fasi iniziali, in quanto la frattura non si evidenzia prima di 2-3 settimane, ma vanno eseguite nel corso del trattamento per verificare l’efficacia della terapia.

Il riposo e lo scarico dell’arto interessato risultano fondamentali. Il meccanismo patogenetico rende indispensabile consentire un adeguato e prolungato periodo di tempo necessario al rimodellamento osseo. Questo periodo può variare dalle 2 settimane fino a qualche mese.
Può essere utile utilizzare un apparecchio di magnetoterapia a bassa frequenza che velocizzi questo fenomeno biologico.
In alcune fratture del piede,es. quelle delle ossa metatarsali, si rende necessario un gesso a gambaletto o un tutore walker nella fase acuta ed un plantare di scarico mirato nella fase successiva di mantenimento per chiudere al meglio gli esiti delle terapie effettuate.